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La Corte di Cassazione è intervenuta recentemente in materia di "made in" e "denominazione di origine" ponendo in evidenza che un siffatto obbligo potrebbe portare ad una ingiustificata disparità di trattamento tra imprenditori.
In particolare, sarebbe consentito solo agli imprenditori nazionali che si rivolgono, per la realizzazione dei propri prodotti, ad altri produttori italiani, di omettere le indicazioni dell'origine e provenienza, mentre tale indicazione sarebbe obbligatoria nel caso in cui i prodotti fossero realizzati all'estero. Premesso poi che in ambito comunitario vige il principio della libera circolazione delle merci e che non esistono norme comunitarie dirette ad imporre l'indicazione del paese di origine e provenienza del prodotto, si rischia un effetto discriminatorio invertito.
In sostanza, l'imprenditore nazionale potrebbe trovarsi discriminato a favore dell'operatore di altro Stato membro, perché su di esso è imposto l'obbligo di indicare l'origine e la provenienza della merce prodotta all'estero, mentre per l'operatore di altro Stato membro, libero di commerciare in Italia, tale obbligo non è imposto.
Poveri noi, consumatori ignari....
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